Il fervore di iniziativa culturale del Club di Roma e di apertura (tra sessi, tra continenti e civiltà), osserva Mario Salomone in occasione del cinquantenario della straordinaria impresa lanciata a Roma nel 1968 da Aurelio Peccei, «è un altro segno di vitalità dell’intuizione avuta da uno dei più grandi e misconosciuti italiani del Novecento».
Sia i primi rapporti sia i più recenti nati grazie all’impulso del think tank fondato da Aurelio Peccei sono ricchi di spunti e di indicazioni su quale dovrebbe essere l’alternativa al disastro attuale. «In un mondo diventato piccolo, ci ricorda ancora Aurelio Peccei in Cento pagine per l’avvenire, c’è un destino comune, un solo futuro per tutti, e questo futuro lo produciamo noi, è una nostra invenzione collettiva. L’umanità è diventata un unico grande corpo interconnesso da una fitta rete di relazioni, telecomunicazioni e trasporti, ma ogni organo e ogni cellula di questo grande corpo (malato e claudicante) fatica a capirlo.»